Dal 26 settembre entrerà in vigore il Decreto Legislativo 116/2020, che ha introdotto importanti modifiche al Testo Unico Ambientale e non solo, in tema di gestione dei rifiuti, in recepimento delle Direttive Europee sull’economia circolare.

In attesa dell’effettiva entrata in vigore del Registro Elettronico Nazionale di Tracciabilità dei Rifiuti (RENTRI), rimandata a successivi decreti attuativi, ci sono comunque novità con cui bisognerà prendere confidenza.

Prima sostanziale modifica riguarda i rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani, in quanto “simili per natura e composizione ai rifiuti domestici”. La novità consiste nel fatto che da ora questi rifiuti vengono considerati nel conteggio dei rifiuti riciclati. Quindi, saranno conteggiati allo stesso modo dei rifiuti urbani e contribuiranno al raggiungimento degli obiettivi di riciclo definiti dall’Unione Europea.

Collegata a questo aspetto la novità riguardante le utenze non domestiche, che non sono obbligate a scegliere un gestore pubblico per avviare a recupero i rifiuti speciali assimilabili.

In altre parole, le aziende possono scegliere un operatore privato per la gestione dei propri rifiuti; e pur scegliendo un gestore privato, ci sarà la possibilità di essere detassate per la quota parte di rifiuti avviati a recupero tramite l’operatore stesso.

Se l’utenza non domestica dovesse scegliere di avvalersi di un gestore pubblico, sarebbe vincolata a conferire presso quell’operatore per 5 anni.

In attesa della piena operatività del Registro, inoltre, il decreto definisce meglio l’elenco dei soggetti obbligati o esonerati dalla tenuta dei registri di carico e scarico e modifica la durata di conservazione dei registri da 5 a 3 anni, così come per i formulari di identificazione dei rifiuti. Viene anche meglio esplicitata la previsione di trasmissione della quarta copia del FIR mediante l’invio per Posta Elettronica Certificata.

Ampio spazio è riservato nel nuovo decreto per il concetto della Responsabilità estesa del produttore del bene (ERP), in recepimento del punto di vista dell’Unione Europea che mira a coinvolgere direttamente i produttori e i distributori dei beni nella raccolta differenziata in termini finanziari ed organizzativi.

Lo scopo finale è quello di internalizzare i costi del fine vita di un bene nel prezzo del prodotto; partendo dal principio che l’inquinamento ha un costo che deve essere sostenuto dal soggetto che produce il bene inquinante, modificare i costi di un bene considerando anche quelli del fine vita porta ad incentivare i produttori a progettare i prodotti dando più importanza alla riciclabilità, alla riutilizzabilità e alla riparabilità degli stessi. Il decreto introduce la possibilità di arrivare a questa finalità finanziando ed eventualmente organizzando le filiere del recupero.

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