Mantenere in funzione uno scarico di reflui dopo la scadenza della autorizzazione, senza avere provveduto a richiedere il rinnovo nei termini previsti, integra il reato di cui agli artt. 124, comma 8 (Autorizzazione agli scarichi – criteri generali) e 137, comma 1 (Sanzioni penali) del D.Lgs. n. 152 del 2006.

Lo stabilisce una recente sentenza della terza sezione penale della Corte di Cassazione (n. 11349 del 18 marzo 2015 – Udienza 10 febbraio 2015), ritenendo infondato il ricorso di un soggetto che aveva proseguito lo scarico di acque reflue industriali, nonostante l'autorizzazione rilasciata dalla Provincia competente fosse scaduta di validità.

Infatti, mentre il ricorrente sosteneva che non vi sarebbe stata alcuna revoca di sospensione dell'autorizzazione (essendo la stessa “semplicemente” scaduta), la Corte Suprema ribadisce come ai fini della sussistenza del reato l’aspetto rilevante non è tanto la prova dell'effettivo inquinamento, quanto quella della violazione delle norme che impongono all'utente di richiedere per tempo le autorizzazioni e consentire agli enti pubblici preposti alla gestione del territorio di effettuare i relativi controlli.

 

Al proposito, occorre evidenziare come il reato contestato non è di danno (quindi un eventuale scarico di acque con concentrazioni di inquinanti eccedenti i limiti normativi) ma reato formale o di condotta, che è dunque volto a garantire un controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione, laddove il bene tutelato dalla norma penale è l'interesse dell'amministrazione competente a monitorare e controllare preventivamente la funzionalità e potenzialità inquinante degli impianti nuovi e di quelli già esistenti.

Pertanto, il reato si configura, indipendentemente dal superamento dei valori limite stabiliti dall’atto autorizzativo.

La sanzione penale, dunque, si correla alla mancanza del controllo preventivo, da effettuarsi attraverso il rilascio, formale e specifico, dell'autorizzazione da parte della P.A. (nello specifico la Provincia competente) a prescindere addirittura dalla tipologia di recapito finale, che non è menzionato dalla norma sanzionatoria.

 

Infatti, la logica giuridica che ispira il legislatore nazionale è quella di sottoporre sempre a controllo preventivo espresso e specifico tutti gli scarichi di acque reflue industriali, anche se recapitano in pubbliche fognature, sia per la loro maggiore pericolosità sia per evitare distorsioni e disparità di trattamento tra operatori economici distanti da fognature pubbliche o vicini

 

Occorre infine evidenziare come, mutatis mutandis, la giurisprudenza della Corte ha affermato il medesimo principio anche in materia di inquinamento atmosferico (mancato rispetto dei termini di richiesta del rinnovo dell’autorizzazione alle emissioni).

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