Le cose non accadono quando accadono ma molto tempo prima
Vale la pena di rileggersi il libro "Mezzanotte e cinque a Bhopal Lapierre Dominique e Moro Javier" per comprendere in pieno questa affermazione.
La causa ultima fu la mancata applicazione di diverse procedure di sicurezza. I deflettori, che avrebbero potuto impedire l'infiltrazione dell'acqua, non furono utilizzati; i refrigeratori erano fuori uso, così come lo erano le torri antincendio che avrebbero potuto impedire la fuga di gas. E cosa gravissima, gli operatori non conoscevano i rischi dell'isocianato di metile. Ma le vere ragioni sono da ricercare nei tagli al personale, al risparmio imposto dalla dirigenza indiana, tra l'altro, ai consumi, spegnendo i refrigeratori dei silos contenenti isocianato di metile. La mancanza presa in carico della nuova governance delle raccomandazioni del personale statunitense al momento della cessione della fabbrica al totale controllo indiano.
A Bhopal, ad esempio, un anno prima dell’incidente la Union Carbide Corporation redasse e trasmise una relazione che metteva in luce tutte le manchevolezze della gestione dell’impianto e i rischi che ne derivavano.
Nel 1984, l'intera forza lavoro e la dirigenza nello stabilimento di Bhopal era indiano. In linea con la interesse del governo nel promuovere l'autosufficienza e controllo locale, l'ultimo americano impiegato presso il sito aveva lasciato due anni prima. I lavoratori indiani avevano anni di esperienza lavorando con isocianato di metile che risale alla metà degli anni 1970.
Nessuna analisi puo' essere equilibrata senza conoscere e riconoscere che la Union Carbide ha sempre messo al primo posto la la sicurezza delle operazioni. Fu un impegno profondamente radicato che ha coinvolto tutti i dipendenti in tutto il mondo ed era stato stimolato nel settore chimico per gli standard interni rigorosi risalente al 1930.
Lo sviluppo della tossicologia, che studia gli effetti delle sostanze velenose, è stato stimolato dagli sforzi del settore, guidati in parte dalla joint Carbide e Ricerca Carnegie-Mellon di Pittsburgh. Nel 1970 Carbide e altre società fondarono l'Istituto Chemical Industry di Tossicologia. Grazie a tali sforzi, la società era ben preparata per soddisfare un aumento di normative restrittive del governo degli Stati Uniti su temi ambientali e di sicurezza negli anni 1970 e 1980.
Fu istituito un reparto di livello aziendale per sorvegliare attività che andavano dalla sicurezza dei prodotti e la sicurezza sul posto di lavoro per misurare l'impatto ambientale delle proprie attività e l'adesione di monitoraggio le severe norme mediche.
Ma allora cosa accadde?
Sembra proprio che la causa sia stata una gestione sciatta dell’impianto: come se la gente non si fosse resa conto del pericolo che rappresentava.
E su questo, la Union Carbide ha delle responsabilità, senz’altro, ma meno di quanto uno possa pensare, perché la legislazione indiana proibiva in quel periodo l’assunzione a tempo indeterminato di personale straniero in imprese situate nel territorio nazionale, e gli ultimi tecnici statunitensi avevano abbandonato Bhopal nel 1982, due anni prima dell’incidente. L’americana Union Carbide Corporation, inoltre, non gestiva direttamente l’impresa. Della gestione operativa era responsabile la Union Carbide India Limited, un’azienda indiana, di cui la Union Carbide Corporation deteneva una quota di minoranza, il 49%.
Il caso di Bhopal, non e' ascrivibile alla vulgata che attribuisce gli incidenti tecnologici avvenuti in paesi in via di sviluppo alla politica ‘coloniale’ delle imprese multinazionali. Uno, perché il prodotto, l’isocianato di metile, è un antiparassitario che serviva all’agricoltura indiana. Due, perché questo prodotto non veniva esportato, ma veniva usato localmente. Tre, perché un impianto analogo a quello di Bhopal esisteva negli Stati Uniti.
La questione e' che questa tipologia di incidenti accade in un contesto in cui si ha tecnologia aggiornata, organizzazione affidabile, più strumenti di controllo della sicurezza.
Il problema è che l’organizzazione che serve per evitare gli incidenti allo stesso tempo può provocarli. Non possiamo eliminare definitivamente, ridurre a zero le probabilità di un incidente, perché è la stessa organizzazione umana che provoca incidenti in modo inatteso.
E’ lo scotto che dobbiamo pagare ai servizi che ci offrono i sistemi tecnologici complessi. Una caratteristica sorprendente di tutti gli incidenti, poi, è la fase di incubazione, in cui ci sono tutta una serie di segni che l’osservatore ex post vede con chiarezza, ma gli operatori ex ante non notano.
I sistemi di gestione ISO 9001, 14001 e 18001 sono senz'altro un valido aiuto al controllo del rischio. Un rapporto di un ente esterno avrebbe di certo segnalato la mancanza di formazione del personale, la mancanza di valutazione del rischio e la scelta nsiensata di risparmi immediati a fronte di rischi immensi.